Lo scafoide carpale

Lo scheletro adulto è costituito da più di 200 ossa ed una delle più piccole è lo scafoide carpale che partecipa, insieme ad altre, a formare l'articolazione del polso (Fig.1). Analizzando le esperienze riportate in letteratura e le storie cliniche raccontate dagli stessi pazienti è frequente riscontrare il seguente succedersi di eventi: Un uomo giovane, in piena salute, cade pesantemente sulla mano con il polso in iperflessione o iperestensione mentre gioca a calcio o pratica altre attività sportive. Egli immediatamente accusa un dolore acuto senza che il polso diventi instabile, come di solito avviene nelle fratture, ed egli è in grado solitamente di portare a termine la partita. A questo punto possono innescarsi diverse situazioni. Verso sera il polso inizia a gonfiarsi ed il movimento risulta parzialmente limitato, comunque con l'utilizzazione di ghiaccio, analgesici e solitamente di un bendaggio elastico il dolore diminuisce progressivamente ed egli è in grado di tornare al lavoro l'indomani mattina.

Il polso può continuare a migliorare con il passare del tempo ed il paziente dimentica il trauma. Alcuni mesi o anche anni più tardi il paziente inizierà ad accusare progressivamente una certa dolenzia al polso accompagnata spesso da un senso di debolezza, e questo solitamente in rapporto al succedersi di piccoli ed apparentemente insignificanti traumi. Il paziente, consigliato dal medico curante, si sottoporrà ad una visita specialistica e le radiografie prescritte mostreranno una pseudoartrosi, vale a dire una vecchia frattura non consolidata di scafoide carpale. Se i sintomi del paziente sono abbastanza severi, il paziente si troverà di fronte alla prospettiva di un intervento chirurgico. Potrebbe invece verificarsi che il dolore persistente e la tumefazione del polso spingano il paziente a sottoporsi a visita medica il giorno stesso dell'evento traumatico e che vengano prontamente richieste le radiografie.

E' a questo punto che il destino gioca un ruolo determinante. E' possibile, infatti, ed anche abbastanza frequente, che la radiografia iniziale possa non mostrare una frattura nel qual caso al paziente non verrà prescritto alcun trattamento. Anche in questo caso quindi una pseudoartrosi di scafoide carpale risulterà evidente solo ad un esame radiografico richiesto alcuni mesi o anche alcuni anni più tardi. Infine c'è il paziente al quale la frattura di scafoide carpale viene diagnosticata sin dall'inizio. Egli si rende conto che avrà bisogno di portare un gesso di polso per almeno sei settimane, situazione che il più delle volte gli impedirà di lavorare ma che accetterà nell'assoluta certezza che tutte le fratture guariscono quando immobilizzate in un gesso.

Se però il successivo controllo dimostrerà che ciò non è avvenuto e soprattutto quando il medico proporrà di continuare l'immobilizzazione in apparecchio gessato il paziente inizierà a domandarsi sulla reale efficacia di questo trattamento che non è stato in grado di guarire la frattura nelle prime sei settimane. Se poi gli viene consigliato un trattamento chirurgico il paziente si domanderà perché questo trattamento non è stato consigliato in prima istanza in modo da evitare il fastidio di sei o più settimane di un trattamento rivelatosi al momento inutile. Le situazioni elencate non sono assolutamente immaginarie ma trovano conferma nella pratica clinica. In effetti, prima di tutto può risultare difficile determinare dalle radiografie iniziali se lo scafoide carpale è realmente fratturato. Secondariamente la particolare distribuzione dei vasi sanguigni all'interno dell'osso fa sì che in caso di frattura, anche se prontamente diagnosticata e trattata, la consolidazione avvenga molto lentamente ed a volte non avvenga del tutto. Indubbiamente la maggior parte delle fratture di scafoide carpale guariscono normalmente con il trattamento conservativo, ma alcune non consolidano e sviluppano una pseudoartrosi fibrosa (o stabile), mentre altre ancora sviluppano una pseudoartrosi lassa (od instabile) con conseguente artrosi progressiva del polso.

Tutto ciò porta a prendere in considerazione un approccio più razionale al trattamento di questa lesione così comune in individui in piena attività lavorativa e sportiva. In primo luogo il paziente che presenta gonfiore e dolore al polso dopo una caduta a terra sulla mano, ha quasi certamente avuto un danno significativo articolare, anche quando le radiografie appaiono essere normali. L'esame radiografico è quindi estremamente importante sia per vedere se esiste o meno la frattura dello scafoide carpale, sia per valutare eventualmente il tipo di frattura, se stabile od instabile, e per segnalare eventuali lesioni legamentose associate. E' importante sottolineare che a volte, è realmente difficile diagnosticare la frattura dello scafoide carpale con il primo esame radiografico ed è quindi opportuno sottoporre il polso ad un secondo esame radiografico dopo 15 giorni d'immobilizzazione in gesso, quando un eventuale rimaneggiamento osseo renderà visibile la frattura.

Nel caso l'esame radiografico mostri una frattura composta e stabile dello scafoide carpale ed un eventuale RMN confermi una prognosi buona, la consolidazione avverrà in apparecchio gessato in sei settimane. Nel caso l'esame radiografico mostri una frattura scomposta dello scafoide carpale, con segni di instabilità carpale associata, è inutile perdere tempo in un trattamento conservativo con apparecchio gessato. L'osteosintesi chirurgica dello scafoide, che attualmente viene praticata con successo utilizzando una vite con un doppio filetto che si affonda completamente nell'osso, è senz'altro il trattamento di prima scelta, anche perchè consente una rapida ripresa dell'attività lavorativa. Nel caso l'esame radiografico, eseguito a distanza di alcuni mesi o anni dal trauma, mostri un quadro di pseudoartrosi, ovvero di non avvenuta consolidazione tra i due frammenti che appaiono comunque composti ed apparentemente collegati da un ponte fibroso, prima di decidere il tipo di trattamento chirurgico è opportuno ricorrere alla Risonanza Magnetica Nucleare, indagine strumentale che permette di valutare la qualità del tessuto osseo nei due frammenti non consolidati.

Se la Risonanza Magnetica Nucleare mostra una buona qualità del tessuto osseo, è possibile eseguire un'osteosintesi che sfrutti le capacità compressive della vite suddetta e le capacità biologiche dell'osso fratturato ed ottenere una sicura consolidazione. Se la Risonanza Magnetica Nucleare mostra che la qualità ossea in uno od entrambi i frammenti ossei non è biologicamente valida a garantire una guarigione con la semplice osteosintesi, il trattamento consiste nello svuotamento dello scafoide carpale, cioè nell'asportazione dell'osso qualitativamente povero e nella sua sostituzione con un osso biologicamente più vivo che solitamente viene prelevato dal polso stesso o, con una piccola incisione, dalla cresta iliaca. Questa rivitalizzazione dei due frammenti viene solitamente associata a diversi mezzi di sintesi che possono essere semplici fili o cambre o la vite suddetta. In questo caso il tempo previsto per la guarigione non sarà inferiore a due mesi.